Per
la rivista “SOLIDALI” – Roma aprile 2014
Domanda:
“Recentemente, avete lanciato l’allarme sulla situazione dei servizi sociali a
Roma. Pensate resti valido e per quali ragioni”
Risponde
Roberto Martelli, lavoratore e delegato sindacale aziendale in cooperativa
sociale e attuale segretario dell’Unione Sindacale Italiana: “L’USI, antico
sindacato fondato nel 1912 e riattivato a livello nazionale, è presente anche a Roma in decine di strutture
socio sanitarie, assistenziali, educative e di attività del c.d. “terzo
settore”, con le agibilità e diritti sindacali acquisiti e conquistati da
tempo, con un percorso e un intervento consolidato nella città Capitale
d’Italia con l’Amministrazione capitolina.
L’attuale
Giunta di Roma Capitale, guidata dal Sindaco Marino, pur ribadendo nelle sue
dichiarazioni di insediamento a Luglio
del 2013 la priorità per il complesso dei servizi e attività di natura sociale,
si trova nella disastrosa situazione di deficit economico e di difficoltà
progettuale, per avviare quel cambiamento e trasformazione da tanti-e
auspicato, rispetto alle gestioni passate.
Si
chiedeva in sostanza di cambiare rispetto alle politiche di progressiva
privatizzazione, gestione poco trasparente a soggetti terzi, liberalizzazione
di servizi e funzioni di rilevanza e utilità pubblica ad anziani, disabili,
minori (quindi assistenza domiciliare), soggetti con svantaggio e disagio
sociale (area tossicodipendenza, alcoolismo), centri diurni e case – famiglia,
case di riposo, intervento nelle scuole di assistenza e processi di
autonomia e di integrazione a studenti e
studentesse, fino a progetti e servizi con migranti, famiglie di etnia rom e
anche ai servizi di benessere degli animali (gestione affidata da anni ad
associazioni onlus nei canili comunali), oltre che dell’azienda speciale
comunale Farmacap (che gestisce le farmacie comunali, i servizi di
teleassistenza, telemonitoraggio, telecompagnia e telesoccorso ad anziani
fragili, oltre all’asilo nido), dell’azienda comunale sulle tossicodipendenze
(ACT) e in generale dei servizi integrativi ed educativi (asili nido in
convenzione, la maggioranza ormai delle strutture rispetto a quelle comunali a
gestione diretta) svolti da associazioni, cooperative sociali, onlus, attività
queste ultime a metà tra servizi sociali e servizi scolastico educativi
esternalizzati.
La
richiesta era articolata in più punti, quella fatta da movimenti sociali,
associazioni no profit e pur con diverse sfumature, anche dai sindacati
autorganizzati e autogestiti, tra i quali in forma attiva e combattiva l’Usi,
oltre che dalle istanze del coordinamento lavoratori e lavoratrici del terzo
settore, coop sociali e aziende pubbliche costituitosi a Roma da alcuni anni: processo di verifica per la
internalizzazione di alcuni servizi e attività (Aec, assistenti educativi
culturali, la figura professionale nata nella metà degli anni 80 come
riqualificazione di personale ausiliario comunale, poi nel tempo risultata
ruolo chiuso e ad esaurimento per il personale comunale e gestita ormai al 90%
da personale, spesso precario, di cooperative sociali, addetto all’assistenza
specialistica e ai processi di integrazione di alunni-e delle scuole comunali e
statali fino all’obbligo scolastico, servizi e attività dei canili comunali,
attività della Farmacap e dell’ACT…), controllo e verifica di Dipartimenti competenti e Municipi per la regolarizzazione dei contratti e dei
rapporti di lavoro di chi è utilizzato nel complesso delle attività del c.d.
“terzo settore”, da parte dei soggetti gestori (cooperative, associazioni
onlus, consorzi…) e uscita dalla precarietà,
adeguamento di tariffe orarie per l’erogazione dei servizi e progetti e
applicazione dei CCNL di categoria come obblighi per la partecipazione e
prosecuzione su appalti, affidamenti, convenzioni, adeguamento di budget standard eliminando i
tagli operati progressivamente dalle precedenti Giunte, comprensivi delle quote
per la formazione e aggiornamento del personale utilizzato e per la tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, applicazione in ogni
cambio di gestione e di appalto, della c.d. “clausola sociale” e della
conseguente salvaguardia occupazionale, salariale e normativa di miglior favore
per tutta la forza lavoro impiegata, la verifica sulla trasformazione di
attività “sperimentali” come progetti, in servizi veri e propri a carattere
consolidato.
Conseguenza
di queste richieste, un miglioramento e potenziamento dei finanziamenti come
priorità rispetto ad altri settori di intervento del Comune nei Bilanci e nelle
manovre economiche, maggiore forza e capacità di decisione sulle spese ai
Municipi, ancora non enti locali di prossimità ma solo “passacarte “ e
“giroconto” dei finanziamenti ridotti, rispetto a una gestione centralizzata e a
sprechi per i troppi passaggi burocratici nelle procedure, anche con un mancato
coordinamento tra uffici comunali e uffici di altre pubbliche amministrazioni
per le varie competenze sugli stessi servizi e attività (ASL, Ministeri,
scuole…), quindi una razionalizzazione e una riorganizzazione che fosse
maggiormente funzionale ai bisogni della
cittadinanza e nel rispetto di condizioni di lavoro di chi eroga questi
servizi, progetti e attività e non soltanto al pareggio di bilancio e al
controllo e rendicontazione delle spese e dei costi.
Una
situazione aggravatasi con il deficit di circa un miliardo e cento milioni di
euro, ereditato dalle passate gestioni e con il decreto sugli enti locali (il
famoso “Salva Roma”, arrivato alla sua terza versione, da noi ribattezzato
“AMMAZZA ROMA”) con un piano pluriennale di finanziamenti e di
razionalizzazione di spese e costi, che in effetti rischia di legittimare la
tendenza sopra descritta, a danno e penalizzazione di importanti funzioni, servizi
e attività.
L’allarme da noi
lanciato è ancora attuale,
solo alcune misure sono state poste e accolte dall’attuale Amministrazione
capitolina (adeguamento dei livelli tariffati del CCNL Coop Sociali), Roma
Capitale è ostaggio delle scelte del
Ministero dell’Economia e Finanze (MEF), della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, con una cabina di regia che entro luglio dovrà fare scelte pesanti e
dolorose. Fino a che tutta la serie di attività funzioni e servizi sarà
considerata un “costo” e un servizio “a perdere” e sarà consolidata la logica
del “mercato”, con gare e affidamenti di fatto al ribasso e con meno tutele di
quantità e soprattutto qualità delle prestazioni nei servizi, con condizioni
peggiori per le migliaia di persone che li erogano, sarà necessaria la mobilitazione e la lotta, con la massima e
capillare informazione, nonché il coinvolgimento nelle iniziative a sostegno
delle nostre richieste e punti “programmatici” anche della cittadinanza e delle
famiglie degli utenti, veri beneficiari dei servizi e attività.
L‘USI
ha proclamato fin dal 5 febbraio 2014, lo stato di agitazione cittadino,
proseguiranno a maggio le iniziative di mobilitazione e di autodifesa
collettiva, chiamando la parte sana della cittadinanza a sostenerne le ragioni
e le motivazioni sopra descritte, che mantengono la loro piena legittimità e
proposta dal punto di vista di chi lavora ed eroga i servizi quotidianamente,
lottando contro il rischio di peggioramenti qualitativi, di numero di persone
coinvolte e di rischio occupazionale.
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