venerdì 23 dicembre 2011

organizzare le lotte per l'opposizione internazionale e anticapitalista

ORGANIZZARE LE LOTTE IN ITALIA, EUROPA E MEDITERRANEO
COSTRUIRE UN’OPPOSIZIONE INTERNAZIONALE E ANTICAPITALISTA

(Contributo dell'U.S.I. all'assemblea nazionale del 17/12/2011 a Roma del comitato NO DEBITO)
Sede segreteria nazionale Roma Largo G. Veratti 25 00146 tel. 06 70451981 fax 06 77201444

            1. Il Capitale ha iniziato una vera e propria “guerra di classe”

   Il governo Monti si è velocemente rivelato a tutti per quello che il movimento antagonista aveva già definito fin dal momento in cui il professore proveniente dalla Goldman Sachs fu nominato dal presidente Napolitano: un governo di banchieri e padronale, ferocemente determinato a far pagare la crisi della finanza e dell'economia reale alle classi subalterne. Il governo ripropone e aggrava le decisioni di sostegno alle banche e la difesa dell'ordine neoliberista del capitale, già prese solo tre anni fa per rispondere alla gravissima crisi finanziaria internazionale dei titoli assicurativi “tossici”, ovvero non rimborsabili, originata dagli Stati Uniti. Misure che salvarono e rafforzarono, senza contropartite, il potere della finanza mondiale, favorendo il nuovo attacco speculativo (iniziato dai grandi fondi pensione degli Stati Uniti) della scorsa estate contro i paesi dell'Europa meridionale e, quindi, contro l'euro.
   La grande borghesia europea prende a pretesto l'emergenza in cui si trova ora la sua moneta unica, per rilanciare e accentuare la colossale redistribuzione, del 95% della ricchezza sociale prodotta a proprio vantaggio, a danno della cittadinanza dei rispettivi paese, specie le fasce sociali più deboli, dei beni comuni, dei settori pubblici non totalmente privatizzati, della salute e dell'ambiente. Se poi l'euro dovesse davvero disintegrarsi, nessun problema per “lor signori”: attraverso l'esplosione dell'inflazione oltre il 20% nei paesi più deboli, la fuga massiccia di capitali verso paesi extraeuropei, la condizione di estrema ricattabilità della massa dei lavoratori e delle lavoratrici, la svalutazione delle monete nazionali che rilancerebbe le esportazioni, la classe padronale lucrerebbe ancora sull'aggravarsi della crisi, rafforzando il suo dominio.
   Diventa necessario che si sviluppi a livello di massa, la consapevolezza che il capitalismo sta conducendo una vera e propria “guerra di classe”. Almeno dall'inizio del XXI secolo, la potenza dispiegata su tutto il mondo dal capitale finanziario è tale che il circuito principale di creazione di plusvalore non è più dato dalla formula D-M-D (capitale-produzione-capitale accresciuto), ma da quella D-D-D: è la speculazione finanziaria quella che assicura profitti con percentuali a due cifre, mentre quelli  generati dagli investimenti “produttivi” arrancano lungo la parabola tendenzialmente decrescente individuata a suo tempo da Marx – con le significative eccezioni delle industrie delle armi, delle droghe, della c.d. “economia criminale”, in realtà inscindibile da quella “legale”. La conseguenza forse più drammatica di questa nuova mutazione del capitale, sta nella progressiva irrilevanza del potere d'acquisto delle classi subalterne, ai fini dell'accumulazione del profitto: un eventuale crollo della domanda interna di un paese, anche medio-grande, non avrebbe più gravi conseguenze per la super-classe mondiale, che può muovere e accrescere senza limiti geografici, né ostacoli normativi, né resistenza efficace degli sfruttati, i propri smisurati capitali. Ciò non significa, naturalmente, la scomparsa della classe lavoratrice e della produzione di beni e servizi: significa, però, un forte sbilanciamento a favore delle dinamiche finanziarie. Le cui inevitabili, gravi crisi (scoppio delle varie “bolle”) determinano immediatamente – come è stato evidentissimo negli ultimi anni – terribili contraccolpi nella c.d. “economia reale” e delle condizioni di lavoro e di vita delle classi lavoratrici e dei settori sfruttati.
   Trovandosi ora in una crisi che gli economisti definiscono unanimemente molto pericolosa e “sistemica”, per sopravvivere il capitalismo ha a disposizione delle scelte, da fare anche contemporaneamente: A) smantellamento e privatizzazione completa del settore pubblico (istruzione, pensioni, sanità, aziende municipalizzate...), delle risorse naturali, artistiche, paesaggistiche e dei beni comuni; B) nuove guerre nei paesi del Sud del mondo, sia per impadronirsi di materie prime industriali e agricole, che per eliminare “sacche di resistenza” al dominio del mercato globale, che per ricostituire margini di profitto, grazie al processo di distruzione-ricostruzione, nonché allo sviluppo quantitativo e qualitativo della produzione di armi, per la quale l'innovazione e la sostituzione dei prodotti hanno ritmi velocissimi.
  La consapevolezza della violenza di questa guerra di classe è un passaggio necessario per iniziare a far crescere la resistenza e la ribellione. Dobbiamo anche essere consapevoli della attuale, grande disparità di forze: purtroppo, i rapporti di forza non sono a nostro favore.

            2.  Che fare?

Questa nostra analisi materialista della realtà, non deve però essere intesa come una dichiarazione di resa. Al contrario, deve servirci come strumento per calibrare la giusta e idonea risposta collettiva e globale, non solo in ambito nazionale ma in un percorso di respiro internazionale. Diventa inutile chiedere al potere, alle istituzioni nazionali e sovranazionali, di modificare la propria strategia, di attenuare la violenza e l'iniquità delle manovre economiche, che si ripeteranno più volte, con la giustificazione di voler “salvare il Paese”, in realtà per difendere rendite, profitti e gli interessi di padroni e speculatori.
   Dobbiamo, modificare radicalmente la modalità della nostra azione, riappropriarci di quanto ci appartiene (ovvero tutto), senza delegare niente a nessuno e attraverso la pratica dell’autorganizzazione, nei luoghi di lavoro e nei territori, utilizzando di volta in volta le forme più efficaci allo scopo, con la massima determinazione.
   Di fronte alla gravità dello scenario globale e il suo peggioramento futuro, il compito delle strutture dell'antagonismo sociale e politico è quello di creare le condizioni di resistenza di massa e far sviluppare una conflittualità estesa, capace di rovesciare i rapporti di forza e determinare un radicale cambio di sistema. Non sono più possibili mediazioni: da qui a qualche anno, o il capitalismo riesce a superare questa crisi (che riconosce pubblicamente come “sistemica”), rigenerandosi per l'ennesima volta in una nuova forma, schiacciando ancora di più la grande massa della popolazione, anche attraverso nuove guerre neocoloniali, oppure sarà costretto a implodere per effetto di una controffensiva di classe mondiale. L'accelerazione dell'aggravamento delle molteplici crisi globali – energetica, agroalimentare, industriale, finanziaria, idrica, climatica, dell'inquinamento – sta dimostrando sempre più che sono ormai a rischio le condizioni di vivibilità per l'intera specie umana e animale.. 
   È evidente l'urgenza di una discussione seria e approfondita sulle strategie di lotta, sulle modalità organizzative che dovrebbero rapidamente diffondersi e rafforzarsi. Per contrastare il dominio internazionale del capitale, dovremo assolutamente superare la dimensione nazionale e allargarci, in una prima fase, alla macroregione economica e geopolitica a cui apparteniamo, connettendo e saldando progressivamente in un ampio fronte di lotta, che unifichi su punti condivisi di azione e di piattaforma sociale, le classi sfruttate e oppresse dell'Unione Europea e dei paesi del Mediterraneo.

            3. Da dove cominciare, come proseguire

   Lo schema proposto qui di seguito è flessibile e migliorabile, ma è soprattutto un'ipotesi di lavoro concreta, rapidamente attuabile e generalizzabile ovunque. 

   A) Creare, far vivere e sviluppare assemblee autonome e autorganizzate, aperte alla più larga partecipazione, in ogni situazione di lotta reale o anche potenziale, dalle grandi città fino ai paesi e alle zone rurali o montane:
di lavoratrici/ori a tempo indeterminato, determinato, precari/e e intermittenti, in aziende private, pubbliche e cooperative, in agricoltura, industria e  servizi; di pensionat*, disoccupat*, occupanti di case, persone che rivendicano diritti e reddito, sia italiane che straniere immigrate; di student* medi e universitari, di docenti ed educatrici/ori, di genitori de* bambin* e ragazzin* delle scuole (dai nidi alle medie inferiori); di donne che combattono sessismo, patriarcato, discriminazioni e svalorizzazione di genere; di cittadini che difendono salute della popolazione e integrità dell'ambiente, acqua pubblica e beni comuni; contro le inutili, dannose, costosissime “grandi opere”, contro inquinamento e moltiplicazione dei rifiuti, sprechi energetici, produzioni di morte, avventure belliche e produzione/commercio di armi, demolizione del trasporto pubblico, inefficienza e tagli dei servizi pubblici, agenzie di esazione/estorsione legalizzata, degrado della qualità dei cibi, cementificazione e dissesto idrogeologico…. 

   B) Costituire e far funzionare comitati di lotta su base assembleare, le quali discutano e decidano, a larga maggioranza, strategie e obiettivi dell'azione dei comitati. I comitati si coordinano tra loro a ogni livello, su base territoriale (metropolitano o territoriale), attraverso delegati sempre nominati e revocabili dalle assemblee dei comitati. Come Confederazione Unione Sindacale Italiana, stiamo già lavorando da almeno un anno, ad un percorso di collegamento e di rete a livello europeo e mediterraneo, con diverse strutture sindacali e associative alternative e conflittuali, per il momento con campagne di sensibilizzazione, di solidarietà a scioperi nazionali “generali”, con coordinamento di settori di lavoratori-trici a livello europeo, su punti comuni e condivisi.

Tutto questo impegno non è ovviamente sufficiente, è una importante parzialità, un segnale da non sottovalutare, ma non ha ancora i rapporti di forza idonei alla modifica sostanziale dello “stato di cose presente”..     
   C) Riunificazione degli interventi in ambito sindacale, sociale, ambientale, politico: 
le assemblee e i comitati devono unificare il più possibile rivendicazioni e obiettivi, rifiutando la settorializzazione e la divisione, perché la crisi sistemica del capitale esige una visione e un'azione alternativa altrettanto sistemica e radicalmente antagonista
   D) Indicazione di una  serie di punti per una “piattaforma sociale” unificante:
è  libera circolazione delle persone, di “saperi”, conoscenze e dell'informazione;
è  riconversione ecologica della produzione energetica, industriale e agricola; sovranità alimentare e a km zero, eliminazione dei combustibili fossili;
è  riappropriazione dei "beni comuni", a gestione partecipata e con controllo dal basso;
è  salvaguardia, manutenzione e ripristino dei suoli, del paesaggio e del patrimonio artistico, attraverso moltissime “piccole opere” locali, controllate dal basso e a grande intensità di forza lavoro, di conoscenze e saperi;
è  reddito e pensioni decenti per tutte/i;
è  riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a parità di salario e di ritmi;  piena applicazione di tutte le misure per garantire nei luoghi di lavoro la salute e la sicurezza, anche a livello ambientale
è  forti investimenti nell'istruzione scolastica, universitaria e permanente, nella ricerca pubblica; contrasto a ogni forma di discriminazione, anche sessista, al razzismo, al ritorno del nazifascismo;
è  tagli drastici delle forze armate, degli armamenti e delle guerre; dei costi della politica, della corruzione, dei privilegi; delle rendite finanziarie e dell'evasione fiscale; delle “grandi opere” e dei “grandi eventi”; della burocrazia e degli sprechi nel pubblico impiego; avvio di campagne di massa per l’autoriduzione delle tariffe di rilevanti servizi pubblici (luce, acqua, gas, telecomunicazioni…) e contrasto alla tendenza all’aumento indiscriminato di generi di consumo. 
è  annullamento del “Patto di stabilità” europeo e degli obblighi di riduzione del debito; dichiarazione di fallimento (default), gestito in  modo controllato e selettivo, per farlo pagare principalmente agli speculatori e ai possessori di grandi patrimoni
  “L’EMANCIPAZIONE DI LAVORATORI E LAVORATRICI, SARA’ OPERA DI LORO STESSI…O NON SARA’”
           
USI – UNIONE SINDACALE ITALIANA
Roma, dicembre 2011
Fotinprop.LargoVeratti25.Roma.122011

IL 27 GENNAIO 2012 SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO
INTERA GIORNATA MANIFESTAZIONE A ROMA, SCIOPERO
PROCLAMATO DA USB, SNATER, SLAICOBAS, S.I.COBAS, CIB- UNICOBAS
UNIONE SINDACALE ITALIANA, ORSA, adesione SLAICOBAS per il sindacato di classe

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